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Attenzione Alla Fretta

Discutendo un giorno tra colleghi emerse un termine: “FRETTA”. Quella di avere risultati immediatamente in terapia è una tentazione in cui tutti gli psicologi prima o poi cadono. Quante opportunità di conoscere il paziente si sprecano perché si vuole arrivare in fretta ad una diagnosi! Quanti vissuti vengono trascurati perché bisogna raggiungere subito gli obiettivi senza sprecare tempo! A fare le cose di fretta si finisce che alla fine bisogna ricominciare tutto da capo buttando via ancora più tempo.

Dott. Massimo Morgione

Affrettati con calma

(Gaio Giulio Cesare OttavianoAugusto)



Vite Frettolose

Oggi giorno tutto sembra alla portata di un semplice click, siamo diventati sempre più abituati ad avere tutto e subito. L’attesa sembra solo una perdita di tempo, una zavorra fastidiosa appartenente ad un passato obsoleto. Anche il mondo della psicologia viene fin troppo inquinato da questo desiderio di volere tutto e subito.

Da psicologi, sempre di più si è chiamati a risolvere al più presto i problemi che vengono portati a colloquio. È una pressione che arriva dai pazienti, dai servizi, ma anche da noi stessi. Giustamente il tempo del colloquio è un tempo limitato ed ha un costo, sia per il paziente e sia per i servizi presso cui è in carico. In più, in molte situazioni si è spesso sotto organico rispetto alla mole di lavoro e siamo tutti d’accordo che sprecare tempo è un lusso che non ci si può permettere. Tuttavia, non volerlo sprecare non significa fare le cose di fretta e ogni cosa richiede il giusto tempo. Più si va di fretta e meno attenzione si fa, rischiando poi di dover ricominciare tutto da capo.



Bisogno Di Affermazione

Soprattutto a inizio carriera si può sentire molto il bisogno di dimostrare agli altri, ma anche a sé stessi, chi si è e cosa si sa fare. Del resto bisogna dare un senso a quanto si è investito in termini di denaro, tempo e sforzi personali durante tutti quegli anni di studio e formazione. Soprattutto con i primi pazienti si corre spesso a cercare subito una diagnosi e una strategia di intervento. Non c’è quasi spazio per l’attesa, si sente di dover agire subito e nel modo migliore. Si pensa che più si è veloci più si è bravi, ma velocità e bravura non necessariamente vanno di pari passo. Lo psicologo deve essere attento, non precipitoso. Si potrebbe schematizzare così:


Lo psicologo deve aiutare il paziente

Per aiutarlo deve mettere a punto un buon piano terapeutico

Per mettere a punto un piano servono informazioni

Le informazioni ci arrivano dal paziente

Per coglierle bisogna porre attenzione al paziente


Anche noi psicologi siamo esseri umani come tutti. Abbiamo bisogno di sentirci realizzati nel nostro lavoro. Vogliamo che il nostro lavoro ci gratifichi, come chiunque altro. È una proporzione semplice, il senso di autorealizzazione di un terapeuta è direttamente proporzionale al benessere dei suoi pazienti. È un mondo competitivo in cui soprattutto quando si inizia si fatica ad affermarsi, ma ci vuole tempo.

È frustrante aspettare. Già il percorso per abilitarsi è lungo, si spera che finito il calvario degli studi la strada sia ora più facile…e invece no. Ecco che inizia il percorso lungo, irto e competitivo attraverso il mondo, di fronte al quale ci si ritrova spesso impreparati. Si arriva ad un certo punto che si è stanchi di aspettare di “sentirsi” degli psicologi e si inizia a sentire dentro una fame di risultati per saziare il proprio bisogno narcisistico di affermazione che rode da dentro. Ma va bene essere un po’ narcisisti, aiuta molto a tenere le redini del setting e a darsi sicurezza nel proprio ruolo. Il pericolo è che in questa fame si nasconda l’ombra della fretta pronta a colpire. Per quanto sia facile da dire a parole e frustrante da accettare, affermarsi richiede tempo e pazienza. La reputazione si costruisce giorno dopo giorno, colloquio dopo colloquio, paziente dopo paziente.



A Caccia Di Risultati Immediati

Può non essere facile aspettare che il paziente migliori. Se i risultati non arrivano ci si inizia ad interrogare su sé stessi. “Sto sbagliando qualcosa?” “Cosa non sto facendo?” “È lui o sono io il problema?”. La pressione aumenta ancora, portandoci a rincorrere tutte le possibili soluzioni da mettere in pratica buttando in campo tutto quello che si sa per non perdere altro tempo. Oppure si resta bloccati nel da farsi e si sente che si sta perdendo ancora più tempo. Il dubbio su di sé cresce, ma non è detto che sia un male. Il dubbio è un utile compagno per uno psicologo, è il freno naturale della fretta che aiuta a mettersi in discussione, ad essere cauti e a procedere con attenzione.

Se il paziente non migliora in poche sedute non necessariamente si sta sbagliando qualcosa. I cambiamenti richiedono tempo sia per avvenire che per consolidarsi. Va bene interrogarsi sulla validità di quello che si sta facendo, ma non si può comprendere una persona e cambiarne drasticamente il funzionamento in un paio d’ore.

Sicuramente capiterà che i risultati non arrivino. C’è anche da dire che, se i risultati tardano ad arrivare, non necessariamente la responsabilità è solo dello psicologo e del paziente. C’è anche la casualità degli eventi con cui fare i conti. Gli imprevisti accadono sia nella vita del paziente che dello psicologo (una malattia, un infortunio, una catastrofe naturale, un lutto, un divorzio, ecc.) e possono allungare i tempi della terapia. È un aspetto di cui tener conto.



Conclusioni

Quando si lavora con il benessere altrui non si può essere frettolosi, soprattutto perché chi paga maggiormente per gli sbagli di uno psicologo è il paziente. Il tempo è una risorsa che potrà anche sembrare insufficiente, ma solo se usato scorrettamente. Un tempo giustamente impiegato e ripartito non sarà mai poco. Per fare gli psicologi bisogna anche imparare ad aspettare e a sopportare tutta la frustrazione che ne consegue.



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